giovedì 16 giugno 2011

Un blog perché...

L'idea di un blog che raccontasse la vita, i fatti che ogni giorno accadono o gli eventi storici già accaduti, prima attraverso le immagini e poi con le
parole mi è venuta in mente mentre studiavo per un esame universitario.
Tutti siamo consapevoli di come i mezzi di comunicazione hanno permeato la nostra esistenza e di come molto spesso hanno cambiato il nostro modo di pensare e la nostra sensibilità.
Molti studiosi si chiedono se siamo noi ad essere cambiati nel rapporto con i media o se sono quest'ultimi che evolvendosi, hanno spostato le linee di confine del che cosa è l'informazione e di come deve essere fatta.
In realtà, entrambe le affermazioni sono facce della stessa medaglia, una medaglia che si chiama Comunicazione.
Oggi saper comunicare è un'arma vincente. Certo, l'uomo comunica sin dai suoi albori, ma l'epoca in cui viviamo ci da la possibilità di esprimerci in infiniti modi diversi e capire come comunicare è fondamentale per essere sicuri dell'efficacia del nostro messaggio.
Ma torniamo a questo blog e alla sua protagonista: l'immagine. Non è certo un caso che le prime forme di comunicazione ritrovate siano stati dei graffiti, delle immagini impresse sulle mura di una grotta. L'uomo prima della parola ha scelto come mezzo per esprimersi l'immagine, perché è immediata, è diretta, va subito al dunque. Ed è per questo che ha attirato la mia attenzione.
Spesso mi capita di guardare delle foto, dei cartelloni pubblicitari, dei documentari e di stupirmi per le meraviglie che vedo, ma ancora più spesso mi ritrovo a chiedermi se non si sta esagerando con la mania del "mostrare tutto".
Fin dove l'obiettivo della macchina fotografica può spingersi per onore della cronaca?
I dubbi etici fanno parte delle nostre vite e non è raro ritrovarsi a chiedere se quello che stiamo facendo è giusto o no. E chissà se anche i due fotografi di cui sto per parlarvi hanno avuto dei dubbi nel momento in cui hanno scattato le foto che sto per mostrarvi? 
Le foto in questione appena pubblicate fecero grande scalpore perché fermano uno dei momenti più intimi della vita di un uomo: l'istante della morte.


La prima delle due foto è quella scattata da Tom Howard 

il 12 gennaio 1928 durante l'esecuzione capitale di Ruth Snyder, condannata alla sedia elettrica perché accusata di aver ucciso il marito. Naturalmente la legge americana non autorizza i giornalisti a fare foto durante l'esecuzione, ma questo non ha fermato Howard, che con una macchina fotografica nascosta nei pantaloni riesce a immortalare il momento diventando il primo fotoreporter a rubare uno scatto e l'ultimo fotografo in grado di testimoniare una esecuzione capitale.
Il "Daily News" il giorno dopo pubblica la foto in prima pagina con il titolo "Dead" (morta) e vende un milione di copie in più, il doppio del solito.
L'opinione pubblica si spacca e apre un dibattito morale su quale sia la linea di demarcazione tra informazione e cattivo gusto, tra informazione e
arte, tra informazione e realtà.


L'altra foto è del noto fotografo ungherese Robert Capa, famoso per essere stato in prima linea in molti degli eventi che hanno segnato il '900. Capa viene ricordato però soprattutto per una foto "il miliziano che muore" scattata durante le guerra civile spagnola nel 1936. La foto ritrae un giovane soldato che colpito da un proiettile, cade a terra esanime. Il dubbio morale rimane: Capa invece di scattare quella foto non poteva urlare in modo da avvertire il soldato del fuoco nemico? Capa non urla ma ci consegna una significativa testimonianza storica.


















Io credo che molti di noi ricordano delle cose perché le hanno viste, perché come si suol dire, ci sono rimaste impresse e quindi sono convinta dell'importanza delle immagini non solo come documento storico ma anche come strumento d'arte e di trasmissione d'emozioni e per questo spero di condividere con voi quelle che per me sono...immagini di vita.

Nessun commento:

Posta un commento